CREA25/07/2024 12:36

Impresa Agricola, la nostra IA. Il nuovo numero di CREAFUTURO. Innovativi, sostenibili e multifunzionali: i giovani

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L'ultimo numero di CREAfuturo è dedicato all’impresa agricola, tema di straordinaria attualità visto l’intenso dibattito che da mesi sta fervendo sullo status dell’agricoltore e sul suo reddito. A tale riguardo, ai microfoni di CREAIncontra il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida sottolinea le misure per le aziende contenute nel Decreto Agricoltura e coglie l’occasione per augurare buon lavoro al nuovo CdA del CREA .
Attraverso il centro dedicato, il CREA Politiche e Bioeconomia , i risultati delle ricerche e i nostri dati – primi tra tutti quelli dello straordinario patrimonio della Rica –  focus su com’è l’impresa agricola italiana oggi e in che modo si è evoluta nell'ultimo decennio. Come ha superato pandemia e guerra russo-ucraina? A fronte dei molteplici interventi di sviluppo rurale, , riesce ad usufruire dei relativi sostegni economici? Quali sono state le opzioni e le reazioni legate all’introduzione degli eco-schemi? Che opportunità ci sono per i giovani e le aree marginali? E non ultimo: in uno scenario così complesso, come sta cambiando il mercato del lavoro?

L’impegno del CREA per le imprese agricole, però, non si ferma all’aspetto economico…perché una cosa è certa – come sottolinea nel suo editoriale il prof. Andrea Rocchi, presidente CREA – qualunque sia la domanda relativa alle nostre imprese agricole, la parola “innovazione” è la risposta. Per questo, con il contributo degli altri Centri, sono evidenziate, settore per settore, le innumerevoli forme in cui la Ricerca può aiutare le aziende, soprattutto quelle micro, piccole e medie, vera ossatura del nostro sistema agroalimentare.

Maggiore propensione all’innovazione, alla tecnologia e allo sviluppo imprenditoriale con lo sguardo rivolto alla diversificazione e alla multifunzionalità, senza perdere di vista però la cura per l’ambiente. Si presenta così l’azienda agricola condotta dagli under 35. Che deve diventare under 40. Scopriamone luci ed ombre.

Innovative, sostenibili e multifunzionali: questo il profilo che emerge dai dati del VII Censimento dell’agricoltura dell’ISTAT per le imprese agricole condotte da giovani. Giovani imprenditori agricoli che si distinguono per il livello di istruzione, l’approccio alle nuove tecnologie e la capacità di affrontare le sfide di un’economia segnata prima della pandemia e poi dal conflitto tra Russia e Ucraina.

I giovani sono presenti in aziende relativamente grandi. La SAU media è infatti pari a circa 19 ettari, contro gli 11 ettari del resto delle aziende agricole. Di contro la loro produttività standard, pari a 78.363 euro di fatturato, risulta leggermente inferiore a quella registrata dalle imprese condotte dagli over 40 che si attesta a poco più di 80.000 euro.

L’analisi dei dati censuari mette in luce una caratteristica interessante in merito alla proprietà fondiaria. Nelle imprese gestite da giovani agricoltori circa il 61% della SAU è in affitto, mentre questa percentuale scende al 38% per gli over 40. Diversamente, nelle aziende condotte da giovani la quota di SAU di proprietà scende al 27,4%, mentre raggiunge il 52,4% nelle aziende degli agricoltori più anziani.

L’11,6% dei giovani imprenditori, contro il 5,2% dei non giovani, conduce imprese agricole multifunzionali attivando almeno un’attività connessa a quella agricola (per esempio trasformazione e vendita dei prodotti agricoli, agriturismo, servizi a carattere sociale, ecc.), contribuendo, in questo modo, alla redditività aziendale e supportando la vitalità del territorio in cui operano. Le aziende che maggiormente ricorrono alla diversificazione produttiva si localizzano nei due estremi della penisola, al Nord con il 50% e al Sud con il 27%.

I giovani mostrano una certa attenzione per la salvaguardia dell’ambiente che si riscontra, ad esempio, nell’utilizzo di sistemi di produzione biologica, con una quota delle loro aziende pari al 14,6%, più che doppia rispetto a quella dei non giovani (5,9%) e, in generale, del totale delle aziende agricole italiane (6,7%).

Nonostante tali evidenze, l’Italia è tra i paesi dell’Unione europea che registra il maggiore tasso di senilizzazione dell’imprenditoria agricola, a cui si associa il fenomeno dell’abbandono delle attività agricole soprattutto nelle aree più marginali.

I dati dell’ultimo Censimento non fanno che confermare lo squilibrio generazionale: nel 2020, sono complessivamente 104.886 i capi azienda under 41 e corrispondono al 9,3% del totale, in calo del 43% rispetto a dieci anni prima quando l’incidenza dei giovani si attestava all’11,5%. D’altronde, mentre i giovani imprenditori pugliesi, siciliani e sardi risultano essere i più resilienti, solo in Sardegna, Val d’Aosta e nelle P.A. di Trento e Bolzano si rileva la percentuale più alta di imprese agricole condotte dagli under 41. È di interesse evidenziare che la presenza della componente femminile (31,5% nel 2020) è rimasta costante rispetto al 2010.

L’analisi dei dati censuari permette altresì di rilevare che nel 2020 il tasso di sostituzione –

Tasso di sostituzione

Tasso di sostituzione è il valore percentuale che indica quanti agricoltori giovani ci
sono ogni 100 agricoltori anziani, dando l’idea di quanti giovani entrano a sostituire chi man mano abbandona l’agricoltura.

calcolato sulla base del rapporto tra i capo azienda della classe di età ≤ 40 e gli over 60 – si attestava al 16,1%, confermando una limitata capacità del nostro sistema agricolo di garantire l’auspicato rinnovamento generazionale. A livello territoriale, il valore del tasso di sostituzione va dall’11% della Puglia al 37,1% della P.A. di Bolzano. Nelle regioni dell’Italia centrale e in quelle della dorsale adriatica, il tasso di sostituzione registra un valore medio del 12,2%, da attribuire probabilmente alla forte concorrenzialità di altri settori economici quali, ad esempio, il turismo e il manifatturiero, probabilmente più attrattivi per i giovani. Di

contro, le regioni settentrionali evidenziano valori superiori alla media, mentre tra quelle meridionali la Sardegna è l’unica a presentare un valore superiore al 30%.

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