Editoriali19/10/2023 19:23

La travagliata storia di Agea: l’eredita del passato dai contributi non giustificati ai gap digitali, indagini autorità e capri espiatori

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Agea non può essere considerata ad oggi come un esempio virtuoso di efficacia e di efficienza dell’azione della pubblica amministrazione. Ci sono pertanto ampi margini di miglioramento che si auspica siano effettivamente conseguiti, come annunciato dall’attuale management che intende operare per mettere in campo pratiche di gestione nuove e tali da soddisfare le esigenze dell’utenza, con particolare riferimento al mondo delle imprese agricole. L’obiettivo più volte evidenziato è quello di modernizzare le procedure, con l’introduzione di applicativi per automatizzare e digitalizzare le diverse fasi del procedimento amministrativo.

In passato Agea è stata additata per il malfunzionamento, talvolta con fondate ragioni e in altre occasioni come capro espiatorio di colpe provocate altrove tanto da generare indagini da parte delle competenti autorità. C’è da dire che, negli anni, ci sono stati tentativi per migliorare i risultati e rimuovere le criticità. In qualche caso l’azione è stata coronata da successo, come la pionieristica svolta con valenza a livello di Unione europea, per i controlli tramite monitoraggio, introdotti per la prima volta, nel maggio 2018, in provincia di Foggia e menzionati come esempio paradigmatico dalla stessa Corte dei conti di Bruxelles.

Detto ciò, non si possono però ignorare diverse problematiche di funzionamento, alcune delle quali ancora persistono ed esigono di essere risolte con una razionale e lungimirante azione riformatrice.

Tra i cattivi esempi più eclatanti, c’è la gestione delle quote latte che tuttora è in sospeso ed ha costretto l’agenzia ad intervenire per dare applicazione ad alcune sentenze sfavorevoli della Corte di giustizia europea emesse qualche anno fa. All’inizio degli anni 90, Agea gestiva il registro delle quote latte, i trasferimenti via mercato e i conteggi di fine periodo, con l’imputazione e la comunicazione dei prelievi a carico dei produttori. Tali funzioni sono state svolte con un approccio più volte oggetto di contestazione, non solo per i ritardi accumulati, ma anche per la mancanza di capacità ad affrontare in modo soddisfacente la questione.

Negli anni passati, sono stati riscontrati problemi di carenza di controlli e di mancati interventi per correggere palesi anomalie nella richiesta dei contributi della PAC da parte di operatori intenti a mettere in campo frodi di diversa natura. Tra gli esempi che si possono citare, vi è quello degli aiuti accoppiati a settori come l’olio d’oliva, dove, negli anni 90 e fino ai primi anni del decennio successivo, qualcuno dichiarava di aver realizzato produzioni per ettaro palesemente al di fuori degli standard produttivi del tempo, ottenendo così dei contributi finanziari che non potevano in alcun modo essere giustificati da una reale produzione. In questo caso, si può ipotizzare che ci sia stata una certa inerzia da parte di chi avrebbe dovuto esercitare controlli rigorosi e capillari.

C’è poi il capitolo delle cosiddette correzioni finanziarie che periodicamente i servizi comunitari attuano nei confronti dei Paesi membri che non sono in grado di dimostrare di aver utilizzato le risorse comunitarie in maniera corretta e secondo la tempistica stabilita nei regolamenti europei.

Per anni l’Italia ha avuto contestazioni per un numero di infrazioni elevato e per importi superiori ad altri Stati membri con struttura agricola e con stanziamenti della PAC comparabili. A solo titolo di esempio, si menziona la comunicazione formale trasmessa all’Italia dalla Commissione europea nel mese di maggio 2018, con la quale è stata ribadita la posizione dei servizi comunitari di considerare non conformi le spese sostenute negli anni 2015 e 2016 per l’attuazione del regime di pagamenti diretti, con la proposta di escludere dal finanziamento comunitario un importo di 360 milioni di euro.

Nel tempo la situazione è migliorata, ma c’è ancora della strada da percorrere e, soprattutto, deve essere affrontata la sfida del cambiamento di governance della PAC 2023-2027. Quest’ultima attribuisce maggiori responsabilità, non solo in termini di programmazione, ma anche di attuazione, monitoraggio e controllo, a carico delle autorità nazionali, permanendo sempre la possibilità per le istituzioni comunitarie di bloccare i trasferimenti e di imporre la risoluzione delle anomalie e delle difformità riscontrate.

Sempre come eredità negativa del passato, è opportuno sottolineare la decisione di affidare a terzi (esternalizzare) funzioni strategiche che hanno indebolito l’Agenzia e accresciuto le capacità di influenza e di condizionamento di società esterne. Significativo a tale riguardo è il caso della informatizzazione e della costituzione e gestione delle banche dati. Come si legge in alcuni lanci dell’agenzia Agricolae.eu del mese di maggio 2017, dove si riferivano i risultati della Commissione parlamentare d’inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni, sono state riscontrate carenze per quanto riguarda l’assunzione di personale direttamente impiegato nel sistema informatico di Agea, oltre a problemi nel mettere in campo tutte le iniziative possibili per risolvere i punti critici. Leggendo le comunicazioni dell’epoca, sembra che ci sia stata una mancanza di volontà da parte dell’amministrazione, con inerzie che hanno impedito di individuare ed attuare le azioni necessarie.

Un’altra area sulla quale è opportuno intervenire per dare una svolta ed aumentare la quantità e la qualità dei servizi offerti all’utenza, riguarda il rapporto diretto con le imprese agricole che da anni è stato ridimensionato ed oggi risulta quasi del tutto assente.

Un agricoltore che intende presentare direttamente le proprie domande di sostegno e di pagamento ad un organismo pagatore, oppure vuole risolvere un problema o un’anomalia che blocca qualche pratica in corso, vi rinuncia in partenza e si affida a società di servizi esterni. Questo per effetto della scelta di privilegiare soggetti intermediari e scoraggiare in ogni modo la responsabilità e il protagonismo delle singole imprese.

Entro certi limiti, l’organizzazione attuale del lavoro di Agea è la conseguenza della complessità delle politiche varate a livello europeo e nazionale. Questo però giustifica solo in parte le scelte finora messe in campo. La qualità del servizio di erogazione non dipende solo dalla tempestività nel pagare i beneficiari della politica agraria, ma anche dalla possibilità di stabilire canali diretti di comunicazione e di concepire procedure comprensibili ed alla portata delle singole imprese.

In definitiva, il passato di Agea ha manifestato lacune ed incapacità operative ed organizzative che si spera siano definitivamente superate, con un’azione di riforma e di buona governance che miri alla semplificazione delle procedure, alla gestione ottimale delle banche dati, alla automazione e digitalizzazione delle attività e alla tempestiva erogazione dei fondi pubblici a favore dei beneficiari.

Ermanno Comegna

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