Agricoltura01/08/2024 15:03

Peste suina, Cia: salgono i focolai. Stringere su contenimenti e più risorse

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Con oltre 2 milioni di cinghiali che scorrazzano ancora su tutto il territorio nazionale e operazioni di contenimento che procedono a rilento, non ci può essere freno alla peste suina africana. Così Cia-Agricoltori Italiani, rilevando che in pochi giorni sono saliti a 6 i focolai di PSA negli stabilimenti nazionali e hanno coinvolto Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia, regione che da sola conta più del 50% degli allevamenti suinicoli totali.

            “Siamo molto preoccupati -dichiara il presidente di Cia, Cristiano Fini-. Lo scenario si è notevolmente complicato, è successo ciò che era prevedibile, vista l’eccessiva presenza dei cinghiali soprattutto nelle zone coinvolte. Ora chiediamo celerità nelle risposte”.

            Il comparto suinicolo, infatti, è già in forte sofferenza e adesso bisognerà prevedere risorse importanti per consentire tenuta e ripresa delle aziende. “Gli indennizzi sono fermi allo scorso novembre -continua Fini- ed è sempre più necessario supportare quelle imprese che continuano a lavorare con enormi difficoltà a causa delle misure sanitarie imposte. Servono subito ristori per coprire tutti i danni indiretti subiti con il blocco sanitario delle movimentazioni e anche con il deprezzamento dei capi”.

            In più, “occorrono ulteriori risorse per le misure di prevenzione, che ad oggi sono risultate insufficienti, oltre a un maggiore coordinamento e uniformità nella strategia di controllo della PSA -continua il presidente di Cia-. Il problema è nazionale e auspichiamo, quindi, che il direttore generale della Sanità Animale, Giovanni Filippini, che subentra al commissario Vincenzo Caputo dopo le recenti dimissioni, agisca con urgenza attraverso misure straordinarie, superando i vincoli burocratici e accelerando gli abbattimenti per fermare i contagi”.

            “Non si può più aspettare, l’allerta è massima per gli allevatori -conclude Fini-. La peste suina rischia davvero di mettere ko un settore chiave del Made in Italy agroalimentare, che genera oltre 13 miliardi tra produzione e industria”.

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