CREA05/08/2024 14:59

Impresa Agricola, la nostra IA. Il nuovo numero di CREAFUTURO. Lo scenario

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L'ultimo numero di CREAfuturo è dedicato all’impresa agricola, tema di straordinaria attualità visto l’intenso dibattito che da mesi sta fervendo sullo status dell’agricoltore e sul suo reddito. A tale riguardo, ai microfoni di CREAIncontra il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida sottolinea le misure per le aziende contenute nel Decreto Agricoltura e coglie l’occasione per augurare buon lavoro al nuovo CdA del CREA .
Attraverso il centro dedicato, il CREA Politiche e Bioeconomia , i risultati delle ricerche e i nostri dati – primi tra tutti quelli dello straordinario patrimonio della Rica –  focus su com’è l’impresa agricola italiana oggi e in che modo si è evoluta nell'ultimo decennio. Come ha superato pandemia e guerra russo-ucraina? A fronte dei molteplici interventi di sviluppo rurale, , riesce ad usufruire dei relativi sostegni economici? Quali sono state le opzioni e le reazioni legate all’introduzione degli eco-schemi? Che opportunità ci sono per i giovani e le aree marginali? E non ultimo: in uno scenario così complesso, come sta cambiando il mercato del lavoro?

L’impegno del CREA per le imprese agricole, però, non si ferma all’aspetto economico…perché una cosa è certa – come sottolinea nel suo editoriale il prof. Andrea Rocchi, presidente CREA – qualunque sia la domanda relativa alle nostre imprese agricole, la parola “innovazione” è la risposta. Per questo, con il contributo degli altri Centri, sono evidenziate, settore per settore, le innumerevoli forme in cui la Ricerca può aiutare le aziende, soprattutto quelle micro, piccole e medie, vera ossatura del nostro sistema agroalimentare.

Uno degli effetti del cambiamento climatico è la frequenza di prolungati periodi di siccità alternati a rovesci molto violenti. In soccorso delle imprese agricole, quindi, per colmare i deficit idrici, viene l’irrigazione, in grado di garantire qualità e resa dei prodotti e il reddito che ne deriva. Per conciliare la maggiore domanda e la minore disponibilità di acqua sono necessarie, quindi, forme di governo e politiche di investimento per un uso efficiente dell’acqua per l’irrigazione, che supporti la redditività e la sostenibilità dell’agricoltura.

In Italia, come negli altri Paesi Mediterranei, l’acqua è una risorsa fondamentale per l’agricoltura, e, sebbene nelle aree con clima più temperato, la presenza di piogge ha un ruolo fondamentale, l’irrigazione è sempre più utilizzata per regolare i deficit idrici stagionali e garantire una qualità e una resa soddisfacenti dei prodotti. Il principale effetto della crisi climatica, infatti, è la modifica della frequenza delle piogge, anche alternando prolungati periodi di siccità a rovesci forti e concentrati. Gli impatti sul settore agricolo includono la perdita di raccolti e costi maggiori per l’approvvigionamento idrico e l’irrigazione. Per garantire il reddito e la produttività agricola, sempre più spesso bisogna fare ricorso all’irrigazione per fornire alle colture la quantità di acqua necessaria a crescere. L’irrigazione permette, quindi, il mantenimento della quantità e qualità delle produzioni, e di conseguenza anche il reddito che ne deriva. Per conciliare la maggiore domanda e la minore disponibilità di acqua sono necessarie forme di governo e politiche di investimento per un uso efficiente dell’acqua per l’irrigazione, che supporti la redditività e la sostenibilità dell’agricoltura.

La PAC 2023/27 ha integrato nei suoi obiettivi anche la migliore gestione dell’acqua nelle pratiche agricole, prevedendo una serie di misure, tra cui la formazione e l’ammodernamento delle aziende agricole, per promuovere l’efficienza idrica, nonché ammodernamenti infrastrutturali a livello aziendale e collettivo. Allo stesso modo, a livello nazionale. I ministeri competenti hanno avviato una programmazione di medio periodo per fronteggiare la criticità delle perdite d’acqua, puntando alla modernizzazione infrastrutturale del reticolo idrografico nazionale.

Agricoltura e irrigazione: il connubio

In Italia si coltivano circa 13 milioni di ettari e ne vengono irrigati 2,5 milioni dalla metà delle aziende agricole italiane. Negli ultimi dieci anni è aumentata lievemente la predisposizione a irrigare in linea con quanto è avvenuto a livello mondiale. L’aumento della superficie irrigata non è uniforme a livello nazionale ma è differente nelle varie aree del Paese: minimo nelle Isole (+1%), ma molto marcata nel Nord Est dell’Italia (+28%). In queste aree, infatti, l’aumento delle temperature e la modifica della stagionalità delle piogge, hanno reso necessario irrigare colture tradizionalmente non irrigue come la vite da vino e l’olivo, di importanza strategica per l’economia di quelle aree e dell’intero comparto nazionale. Questo dato è in linea con uno studio del CREA, basato sui dati delle aziende RICA della regione Veneto, in cui si è evidenziato come l’irrigazione incida positivamente sulle performance economiche delle aziende agricole, soprattutto in quelle con colture arboree (vite e olivo). In controtendenza, al Sud e al Nord Ovest le superfici irrigate si sono ridotte rispettivamente del 3 e dell’1 per cento.

L’impronta idrica dei diversi prodotti vegetali e della carne differiscono notevolmente, con valori elevati per gli oli vegetali, le colture di fibre e la frutta tra i prodotti vegetali e per le carni bovine e ovine e caprine tra i prodotti  a base di carne. Nonostante tutto, però,  si stima che prodotti vegetali e quelli carnei italiani abbiano un’impronta idrica inferiore a quella di prodotti simili importati da Paesi esteri, a causa delle diverse condizioni climatiche, delle pratiche di gestione dell’acqua e delle politiche ambientali.

Nel tempo, a livello nazionale, sta anche diminuendo il numero delle aziende agricole con superfici irrigate, con una flessione del 22% nel decennio 2010-2022: il calo maggiore si osserva al Sud Italia e nelle Isole, conformemente alla riduzione delle superfici irrigate.

Cosa ci dicono dunque questi dati?

È lecito presumere che, visti gli andamenti climatici sfavorevoli e i rischi connessi, le aziende di piccole dimensioni si stiano maggiormente orientando verso colture meno dipendenti dall’irrigazione, anche se meno redditizie, mentre le aziende di dimensioni maggiori riescono ad attrezzare per l’irrigazione parte delle superfici coltivate, fronteggiando le spese per gli investimenti e la gestione irrigua, compresi i costi energetici.

La spesa in energia sostenuta dalle aziende per la sola distribuzione dell’acqua al campo (indipendentemente dalla modalità di approvvigionamento) costituisce, infatti, la voce di costo prevalente legata alla pratica irrigua a livello aziendale (più dell’80%1).  La siccità ha aumentato i consumi energetici per  la necessità di effettuare irrigazioni straordinarie. All’aumento dei consumi si affianca, inoltre, l’aumento del prezzo dell’energia, in costante crescita negli ultimi anni. La combinazione tra questi due fattori (aumento di consumi e di prezzi) ha causato importanti rincari della spesa energetica complessiva, rendendo sempre più oneroso ricorrere all’irrigazione.

Più in generale, la prospettiva di scenario a medio termine, entro il 2030, è quella di una riduzione limitata delle dimensioni della dell’area agricola produttiva, con la diminuzione di superfici dedicate a cereali, foraggi e pascoli e aumento di aree dedicate a semi oleosi e legumi. L’innalzamento delle temperature, inoltre, potrebbe causare l’allungamento della stagione di crescita e potrebbe diventare frequente la coltivazione di colture per periodi di tempo più lunghi ed eventualmente con raccolti multipli. Di conseguenza, i cambiamenti climatici implicano un notevole incremento del deficit idrico delle colture, aumentando il fabbisogno  di acqua per l’irrigazione di oltre il 20 % in alcune aree del Paese.

Investire nell’efficienza. Chi sostiene le aziende?

Sempre i dati dell’ultimo censimento ISTAT mostrano che circa il 7% del totale delle aziende innovatrici ha effettuato investimenti in ambito irriguo; di queste, la maggior parte è localizzata al Nord Est, a conferma di quanto spiegato in precedenza. Gli investimenti per migliorare l’efficienza dei sistemi di irrigazione, ovvero per fornire al campo solo l’acqua strettamente necessaria alle colture, sono in grado di accrescere la produttività aziendale. In che modo? Riducendo le perdite nelle reti irrigue e sostituendo metodi irrigui poco efficienti, come ad esempio lo scorrimento, che prevede di riversare l’acqua in campo, con altri più efficienti come, ad esempio, quello a goccia in cui l’acqua viene data alla sola pianta in maniera lenta.

Questo tipo di investimenti è stato sostenuto dalle Regioni nel corso delle differenti programmazioni della politica di Sviluppo Rurale, anche attraverso l’uso di sensori e lo sviluppo di software dedicati, che possono garantire gli stessi livelli di qualità e di rese, ma utilizzando meno acqua. Nel Piano Strategico della PAC 2023/27 per l’Italia, sono stati previsti diversi interventi per rendere sostenibile l’utilizzo dell’acqua e delle risorse idriche in agricoltura: oltre gli interventi di investimento, ci sono misure climatico-ambientali specifiche, come l’ACA 2 – Uso sostenibile dell’acqua –  che promuovono l’adozione di sistemi esperti, per ottimizzare  la pratica irrigua sulla base dell’effettivo fabbisogno delle colture, sia in termini di volumi da distribuire sia in termini di programmazione temporale degli interventi irrigui. Con l’ACA 24 – Agricoltura di precisione – , invece, si promuove l’irrigazione sulla base del principio del bilancio idrico pianta – suolo – atmosfera con apposite attrezzature di precisione, in grado di variare gli apporti irrigui in funzione anche delle caratteristiche pedologiche dei suoli, oppure con l’impiego di sensoristica IOT per la misurazione dell’umidità del suolo.

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