Inchieste15/08/2024 16:03

Plant-based, business cresce grazie a “effetti dannosi carne e impatto ambientale”. Bloomberg stima ‘salto’ da 44 a 162MLD entro il 2030

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Roma - I vegani? Sono in aumento. E con loro il business che ne consegue, compreso il Plant based. Grazie al messaggio che la carne rossa fa male alla salute e che impatta sull'ambiente, il giro di affari sfiora il mezzo miliardo di euro con un potenziale altissimo: il 25% degli italiani che non ha ancora provato questi prodotti afferma di poterlo fare in futuro e Bloomberg prevede un ulteriore sviluppo a livello globale, stimando un passaggio dai 44 miliardi di dollari attuali ai 162 miliardi entro il 2030.

Solo in Italia il giro di affari sfiora i 500 milioni di euro ma il potenziale è altissimo. Anche perché - come veniva riportato a maggio scorso in seguito alla ricerca Astra-Unionfood - le cause della crescita sono due: il rischio salute dovuto a un consumo eccessivo di carne animale, dall’altro un forte impatto ambientale causato dagli allevamenti intensivi. Due dei fattori su cui la scienza spesso si divide ma che sui media escono con forza.

Se il 13 aprile del 2022 Salvatore Castiglione, presidente del gruppo prodotti a base vegetale di Unionfood dichiarava che "il mercato plant based nell'ultima stima del 2020 il settore valeva 385 milioni di euro con una crescita esponenziale a doppia cifra ogni anno", uno studio Astra Ricerche e Unione Italiana Food di un anno dopo, del 5 aprile del 2023, rilevava che il giro di affari del comparto si è attestato su un valore di poco inferiore a 500 milioni di euro, con l’Italia che occupa il terzo posto nella classifica dei consumi in Europa.

LE RICERCHE

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LE ANALISI

L'analisi del GFI (Good Food Institute) Europe - su dati NielsenIQ che coprono 13 paesi europei - mostra che le vendite di alimenti a base vegetale sono cresciute del 6% nel 2022, e del 21% dal 2020 al 2022, per raggiungere 5,8 miliardi di euro.

Le vendite di carne vegetale sono cresciute a 2 miliardi di dollari nel 2022, mentre altre categorie, tra cui frutti di mare e formaggio a base vegetale, hanno visto una crescita a due cifre.

Il mercato italiano della vendita al dettaglio di alimenti a base vegetale è il terzo più grande in Europa e le vendite continuano a crescere, aumentando del 21% a 680,9 milioni di euro tra il 2020 e il 2022.

  • Il latte vegetale è il più sviluppato di tutte le categorie vegetali. Le vendite di latte vegetale sono state di 310,4 milioni di euro nel 2022 e la categoria ha continuato a sperimentare una crescita costante.
  • Le vendite di carne vegetale hanno continuato ad aumentare, per un totale di 168,4 milioni di euro nel 2022, in crescita del 40% tra il 2020 e il 2022.
  • Ogni categoria è cresciuta nel 2022. Le categorie in più rapida crescita erano pasti a base vegetale, carne a base vegetale e gelato a base vegetale, il tutto dimostrando una crescita a doppio digitale del valore delle vendite nel 2022.
  • Le categorie a base vegetale sono cresciute più rapidamente delle categorie a base animale. La crescita delle vendite unitarie delle categorie di latte, carne e yogurt a base vegetale ha superato quella delle categorie animali nel 2022.

In Italia i più entusiasti verso i sostituti della carne a base vegetale sono i giovani tra i 18 e i 25 anni, con una percentuale del 40,7% che si dice favorevole a queste alternative.

Percentuale che invece scende al 17,7% per la fascia d’età over 65.

IMPENNATA DEL MERCATO

Il mercato plant based meat - veniva riportato a maggio dagli organi di stampa - ha subito un’impennata per reazione a due fenomeni congiunti e correlati tra loro. Da un lato, il rischio salute dovuto a un consumo eccessivo di carne animale, dall’altro un forte impatto ambientale causato dagli allevamenti intensivi di bestiame accusati di sprigionare nell’aria una quantità enorme di gas serra (il 14,5% del totale secondo la Fao). Favorito da questa doppia criticità, l’alternativa vegetale ha preso dunque piede. I consumatori hanno iniziato a farsi vivi e oggi questo tipo di cibo non è più solo pertinente a vegetariani e vegani, ma ha catturato anche l’interesse dei flexitariani, ovvero coloro che prediligono modelli di consumo alimentare vegetale senza per questo rinunciare drasticamente a fonti proteiche di origine animale.

I numeri cominciano a dare peso e consistenza al settore. Oggi si stima che siano 22 milioni gli italiani che mangiano cibo plant based, come sostenuto da uno studio Astra Ricerche e Unione Italiana Food, aggiungendo che due italiani su tre lo consumano abitualmente e uno su quattro lo ha inserito nel proprio regime alimentare. Il giro di affari del comparto si è attestato su un valore di poco inferiore a 500 milioni di euro, con l’Italia che occupa il terzo posto nella classifica dei consumi in Europa. Nel segmento, il cluster ‘meat’ rappresenta il 25% e piace a molti, ma soprattutto alle nuove generazioni.

ASPETTO GREEN

Ma la questione plant based è anche oggetto di dibattito politico, dopo l’approvazione da parte dell’attuale Governo del ddl sulla carne sintetica che prevede, tra l’altro, il divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali come mezzo per contrastare il fenomeno del meat sounding.  La decisione legislativa (anche se non è stato ancora emesso alcun decreto attuativo, ndr) aveva spinto l’Unione Italiana Food a esplicitare la propria posizione, specificando in una lettera inviata alla Commissione Europea che “i prodotti a base vegetale nascono da materie prime agricole tradizionali, che fanno parte da sempre della nostra alimentazione e che sono alla base della dieta mediterranea. Chi sceglie tali prodotti sa bene che sono molto diversi dalla carne, sia per peculiarità che per composizione”, auspicando quindi “un ripensamento delle disposizioni sul meat sounding, a garanzia delle imprese e dei lavoratori che operano in questo comparto, nonché della trasparenza nei confronti dei consumatori”.

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