Il mercato plant based meat - veniva riportato a maggio dagli organi di stampa - ha subito un’impennata per reazione a due fenomeni congiunti e correlati tra loro. Da un lato, il rischio salute dovuto a un consumo eccessivo di carne animale, dall’altro un forte impatto ambientale causato dagli allevamenti intensivi di bestiame accusati di sprigionare nell’aria una quantità enorme di gas serra (il 14,5% del totale secondo la Fao). Favorito da questa doppia criticità, l’alternativa vegetale ha preso dunque piede. I consumatori hanno iniziato a farsi vivi e oggi questo tipo di cibo non è più solo pertinente a vegetariani e vegani, ma ha catturato anche l’interesse dei flexitariani, ovvero coloro che prediligono modelli di consumo alimentare vegetale senza per questo rinunciare drasticamente a fonti proteiche di origine animale.
I numeri cominciano a dare peso e consistenza al settore. Oggi si stima che siano 22 milioni gli italiani che mangiano cibo plant based, come sostenuto da uno studio Astra Ricerche e Unione Italiana Food, aggiungendo che due italiani su tre lo consumano abitualmente e uno su quattro lo ha inserito nel proprio regime alimentare. Il giro di affari del comparto si è attestato su un valore di poco inferiore a 500 milioni di euro, con l’Italia che occupa il terzo posto nella classifica dei consumi in Europa. Nel segmento, il cluster ‘meat’ rappresenta il 25% e piace a molti, ma soprattutto alle nuove generazioni.
ASPETTO GREEN
Ma la questione plant based è anche oggetto di dibattito politico, dopo l’approvazione da parte dell’attuale Governo del ddl sulla carne sintetica che prevede, tra l’altro, il divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali come mezzo per contrastare il fenomeno del meat sounding. La decisione legislativa (anche se non è stato ancora emesso alcun decreto attuativo, ndr) aveva spinto l’Unione Italiana Food a esplicitare la propria posizione, specificando in una lettera inviata alla Commissione Europea che “i prodotti a base vegetale nascono da materie prime agricole tradizionali, che fanno parte da sempre della nostra alimentazione e che sono alla base della dieta mediterranea. Chi sceglie tali prodotti sa bene che sono molto diversi dalla carne, sia per peculiarità che per composizione”, auspicando quindi “un ripensamento delle disposizioni sul meat sounding, a garanzia delle imprese e dei lavoratori che operano in questo comparto, nonché della trasparenza nei confronti dei consumatori”.
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