L’Opa dell’Olanda e dei Paesi del Nord su Italia facendo leva su energia, cibo sintetico e proibizionismo. Dal food, al vino, al turismo: Pmi Made in Italy a rischio colonizzazione
Le imprese italiane soffrono. Alcune resistono, altre chiudono. I debiti salgono e le difficoltà aumentano. Nel frattempo vengono imitate, e ‘scippate’ del loro Know how. A volte comprate.
E se l’Italia chiede un’etichetta di origine, l’Unione europea storce il naso. Ma quando si tratta di un etichetta a colori basata su parametri discutibili che di fatto danneggerebbe i grandi must del Made in Italy agroalimentare, a Bruxelles si corre in fretta e furia, fino a cercare di chiudere la partita entro il 20 novembre. Operazione poi non riuscita.
In questo contesto i piccoli imprenditori italiani si trovano strangolati dalle bollette a causa di un prezzo del gas che sembra impazzito in preda a speculazioni finanziarie. Tanto che a molti conviene chiudere: con il loro lavoro non coprirebbero la spesa energetica necessaria per il proseguimento dell’attività.
Molti gli elementi contingenti che pesano sulle imprese:
- l’Olanda, uno dei paesi con il maggior numero di multinazionali, dice no – assieme alla Germania – al price cap chiesto da 15 paesi a Bruxelles. L’Olanda, che usa il suo indice Ttf che in realtà riguarda una minima parte degli scambi, il 15% circa, per speculare sul prezzo del gas sulle spalle degli altri paesi europei e sulle loro imprese più fragili: le Pmi. E la Polonia dice nel corso del Consiglio informale Ue a Praga: “Olanda e Germania egoisti”
- entra in gioco la Direttiva Bolkestein, che vanifica cento anni di investimenti, di storia e di tradizione degli imprenditori italiani della balneazione nel nome di una concorrenza leale e giusta che in Ue in realtà non c’è. (Basti pensare che per lo stesso principio l’Italia ha aperto le gare a tutti gli altri paesi Ue per la gestione dei suoi impianti idroelettrici mentre la Francia ha rinnovato di de plano le concessioni al suo CNR fino al 2041). Il turismo e il Made in Italy agroalimentare contano 1/3 del Pil nazionale e chi promuove Dieta Unica è lo stesso che ha in mano Turismo Ue
- il vicepresidente della commissione Ue Frans Timmermans lavora a un documento per escludere dalla promozione il vino, di cui l’Italia è uno dei massimi rappresentati a livello globale. Che vale nel 2021 circa 14,2 miliardi di euro con un tasso di crescita annuo stimato del 7,9% tra 2020 e 2025, il più alto del continente.
- l’Oms redige un documento in cui si dice chiaramente che non bisogna più fare pubblicità al vino: fa male.
- l’Olanda straccia l’Italia per quanto riguarda l’export di prodotti alimentari, agricoli e della pesca. Hanno multinazionali che comprano a poco e rivendono a tanto. E i produttori italiani non riescono neppure a coprire le spese.
- in Ue c’è chi spinge per l’adozione dell’etichetta a colori, il Nutriscore,che premia il colore più dei nutrienti degli alimenti. Tra questi i Paesi dalla vocazione multinazionale. Stante il fatto poi che – da quanto emerge – viene applicato solo quando il punteggio è buono.
- c’è chi promuove una Dieta Unica universale attraverso una sorta di dittatura alimentare che fa gioco alle multinazionali e ai grandi gruppi di potere che investono sempre di più in cibo sintetico all’insegna di una battaglia etica e morale per salvare il Pianeta e gli animali. E lo fa attraverso una piattaforma di interessi – la World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) – che rappresenta i big del mondo il cui intento è quello di ‘guidare’ i consumi mondiali all’insegna del ‘bene’ del pianeta e dei consumatori e “trasformare il sistema alimentare” sulla base degli studi Eat. E tra questi fa parte anche l’italiana Eni, che sta facendo guadagni enormi sulle bollette delle imprese italiane.
- infine il paese di Timmermans e di Bolkestein è uno di questi paesi che applica pesantemente il concetto di Dumping Fiscale, effettuando “concorrenza sleale” verso gli altri membri europei con una politica sulle tasse molto aggressiva.