Inchieste10/10/2022 16:36

Fake meat, 80% controllata da multinazionali e big della carne. Prezzo modifica scelte consumatori e in Paesi Bassi quella ‘finta’ costa meno. Chi decide e’ in piattaforma di affari Wbcsd

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Le grandi aziende zootecniche e i big label dell'industria alimentare sono le stesse che controllano il mercato delle alternative della carne, dal sintetico alle varianti vegetali. Ma a comandare, più della sostenibilità, sembra essere il prezzo.

Società come Cargill e JBS, la più grande azienda di lavorazione della carne al mondo, non solo hanno investito in tali mercati, ma hanno rilevato società più piccole, in quello che va dunque definendosi come un monopolio sul fronte zootecnico e non solo. Queste stesse aziende, inoltre, sono le stesse che si stanno unendo ad altri giganti alimentari che già controllano circa l'80% del mercato alternativo alla carne, tra cui Kellogg's, che possiede il marchio MorningStar Farms, e Conagra, che possiede Gardein.

Sia Cargill che Kellogg's fanno parte della Piattaforma di Affari che racchiude le multinazionali del food, e non solo, per 'guidare' i consumi mondiali all'insegna del 'bene' del pianeta e dei consumatori, la World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) e "trasformare il sistema alimentare" attraverso una maggiore tassazione e una minore promozione sulla base degli studi Eat.

 

Studi che vorrebbero imporre una vera e propria Dittatura alimentare, tramite una Dieta Unica universale.

Ma quello della alternative della carne è un mercato in rapida crescita ed a cui sempre più investitori e multinazionali guardano con interesse, tra cui Bill Gates, Sergey Brin (Google) - anche loro membri della WBCSD - e Richard Branson (Virgin Group). 

 

Nel frattempo, Vanguard e BlackRock (altro partner della piattaforma di affari delle multinazionali WBCSD), due delle più grandi società di gestione patrimoniale del mondo, hanno investimenti in quasi tutte le più grandi aziende di carne, latticini e mangimi. Sempre più forte, infine, è l'attenzione rivolta a tali mercati da alcuni paesi, come Olanda e Gran Bretagna oppure Israele, Stati Uniti e Cina, sedi di alcune delle più grandi start up ed aziende nel campo delle alternative vegetali e del food sintetico. 

Secondo un recente rapporto di IPES-Food (gruppo internazionale di esperti e scienziati sui sistemi alimentari sostenibili, tra cui un vincitore del World Food Prize e copresieduto da Olivier De Schutter, attuale Relatore speciale delle Nazioni Unite su povertà estrema e diritti umani) il settore zootecnico rappresenta oggi il 40-50% del PIL agricolo mondiale ed è sempre più caratterizzato da vaste aziende multinazionali con un'enorme quota di mercato e potere politico. Nel 2014, le prime 10 aziende di lavorazione della carne del mondo controllavano il 75% della macellazione della carne bovina, il 70% della macellazione della carne di maiale e il 53% della macellazione del pollo. 

Quasi tutti i grandi trasformatori/produttori di carne e latticini hanno anche acquisito o sviluppato carne e prodotti lattiero- caseari a base vegetale, in un mercato che cresce di circa il 20% all'anno. Più di una dozzina di queste aziende hanno anche investito in start-up che stanno tentando di commercializzare carne e pesce coltivati in laboratorio.

Rapporto Ipes: 

Rapporto Ipes

Si pone dunque un problema per i consumatori in quanto "con la maggior parte di questi prodotti non vedrai il nome della società madre sull'etichetta", ha affermato al The Guardian Philip Howard, professore associato presso la Michigan State University e autore principale del rapporto IPES-Food. "Le persone che acquistano prodotti alternativi alla carne potrebbero non rendersi conto che stanno supportando quelle grandi aziende", le stesse -sottolinea la ricerca Ipes- che gestiscono ad esempio il più grande degli allevamenti intensivi, contribuendo alla deforestazione, al lavoro forzato e macellando milioni di animali ogni giorno.

Alcuni numeri riportati nella ricerca possono essere esemplificativi ed evidenziare il perchè di tanto interesse da parte delle multinazionali nel settore in questione:  Si prevede infatti che questo mercato, del valore di 4,2 miliardi di dollari di vendite nel 2020, crescerà di 6 volte per raggiungere i 28 miliardi di dollari entro il 2025. Inoltre il mercato delle proteine a base di insetti varrà più di 10 miliardi di dollari entro il 2027.

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Nonostante le stime positive il mercato delle alternative alla carne ha però subito una battuta d'arresto negli Usa come dimostra il fallimento (al contrario di Gran Bretagna ed Austria, dove il test pare procedere positivamente) del McPlant, il panino messo in commercio da McDonald’s (entrato di recente a far parte di WBCSD) e realizzato con la carne di origine vegetale di Beyond Meat (i cui principali azionisti sono Baillie Gifford & Co. con il 13.48%, Vanguard con il 7,82% e BlackRock con il 3,37%).

Inoltre anche altre aziende che avevano iniziato a vendere i prodotti di Beyond Meat, tra cui Jack in the Box’s Del Taco, TGI Fridays e Inspire Brands’s Dunkin’, hanno gradualmente smesso di farlo. Ma il crollo, drastico, sui mercati finanziari del titolo non frena lo sviluppo e i tentativi di conquista di nuovi spazi commerciali, difatti Beyond Meat sta per approdare in Giappone attraverso una partnership con una delle più grandi holding di negozi alimentari, la United Super Market Holdings (USMH).

Nel frattempo la carne vegetale di Beyond Meat si può trovare anche nel nostro paese, non solo nel classico formato hamburger ma perfino all'interno dei ravioli, grazie alla partnership tra l'azienda americana e l'italiana De Angelis Food, gruppo veronese di prodotti gastronomici, con a capo il pastificio De Angelis.

La crisi del settore della fake meat in America è infine provata da JBS, il più grande fornitore di carne al mondo, che interromperà le attività presso la sua unità statunitense Planterra e si concentrerà sui mercati in crescita per le proteine alternative in Brasile e in Europa. come ha affermato Nikki Richardson, portavoce di JBS USA: le attività europee e brasiliane continuano a guadagnare quote di mercato ed espandere le rispettive basi di clienti. 

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Tutti dati che trovano dunque riscontro nella ricerca Ipes, la quale mostrava da un lato come attualmente l'Europa detenga la quota di mercato maggiore per i sostituti della carne, con il 38,5% dei ricavi globali, e come dall'altro si preveda una sempre più rapida crescita del mercato Asia-Pacifico, dell'11,18% all'anno fino al 2028. Ovvero le direzioni intraprese di recente da Beyond Meat e JBS.

Un caso particolare è poi quello dei Paesi Bassi, sede delle grandi multinazionali e che sta investendo pesantemente sul food sintetico, contestualmente al taglio degli allevamenti, in cui la carne di origine vegetale ora è più economica della carne animale nei supermercati olandesi.

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Nel febbraio di quest'anno, ProVeg e il ricercatore di supermercati Questionmark hanno mappato sistematicamente per la prima volta le differenze di prezzo tra prodotti animali e sostituti a base vegetale. Ma se a quella data si scoprì che la carne era più economica un'ulteriore analisi condotta a giugno ha rilevato che il costo della carne era aumentato in modo significativo, rendendo le opzioni vegane più economiche per chilogrammo. 

Un dato, questo del prezzo, molto importante per modificare le scelte dei consumatori se è vero quanto sottolinea l'Efsa, ovvero che a guidare le scelte dei consumatori sia principalmente il costo (e solo in ultima istanza il clima e l'ambiente).

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Ed a convalidare il rapporto Efsa è anche un altra ricerca dal titolo "Disponibilità dei consumatori a pagare per carne ecosostenibile e sostituti della carne a base vegetale" che dimostra come sia necessaria la progettazione di un intervento che sia una combinazione di politica fiscale, come le tasse pigouviane, e spinte informative per indirizzare efficacemente il comportamento di consumo.

"Al contrario, le spinte informative possono suscitare pochi cambiamenti comportamentali. Ad esempio, Kiszko et al. (2014) ha esaminato più di 30 studi sugli effetti dell'etichettatura delle calorie degli alimenti e ha concluso che le etichette hanno un effetto limitato nella riduzione del consumo calorico totale. Allo stesso modo, le prove suggeriscono che le etichette sugli scaffali che forniscono informazioni nutrizionali sui prodotti alimentari hanno un impatto limitato sul consumo (Bollinger et al., 2020 )."

Insomma, i consumatori non sono guidati da etichette e ambiente, ma dai prezzi

Qui lo studio: 

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/aepp.13285 

 

Era stato scritto: 

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